Papa Celestino V e l'eremo di Sant'Onofrio al Morrone

di Silvia Scorrano

Restituitemi la mia natura selvaggia di Heinrich Federer

Il vecchio eremita Pietro va avanti e indietro, avanti e indietro dalla porta alla finestra, con la febbrile agilità di un tenace vegliardo di ottant'anni. Si trova nell'inaccessibile castello di Fumone e invoca la misericordia del Signore che lo faccia tornare sul Gran Sasso o sulla Maiella, nel suo eremo tra i boschi. Lo grida tra le lacrime, lo piange e infine torna a dire i suoi salmi: "Benedicite montes et colles Domino... Benedicite giacies et nives Domino!". - Ah se solo potesse declamare quei versi sotto le querce e i castagni del Monte Morrone, proprio sopra a Sulmona, di fronte alle pareti grigie e silenziose della Maiella e allo spettacolo delle cime imbiancate dalla neve pura di gennaio! Lontano da quei saloni di marmo e da quegli abiti di seta, dagli inchini cortesi e semplici dei servitori, da quell'opulenza romana che gravava sul cuore e sul respiro: verso la libertà del selvaggio Abruzzo!

Il vecchio non la smetteva di invocare e di questuare, e quando non ebbe più niente da dire la sua anima si straziò dalla nostalgia. E morì quell'uomo straordinario, con questo urlo santo anelante alla sua casa. 

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L'avventura d'un povero cristiano di Ignazio Silone

 

Dopo vari giorni di pioggia e vento nella piana di Sulmona, un mattino ci svegliammo con un cielo interamente limpido. Una tenera luce verde dorata bagna i campi gli alberi i paesetti pedemontani il grandioso scenario della Maiella  e dà una proporzione armoniosa a ogni minimo oggetto. Benché nato e cresciuto in una valle attigua, da cui la Maiella è invisibile, nessuna montagna mi tocca come questa. Elementi emotivi assai complessi si aggiungono all'ammirazione naturalistica. La Maiella è il Libano di noi abruzzesi. I suoi contrafforti le sue grotte i suoi valichi sono carichi di memorie. Negli stessi luoghi dove un tempo, come in una Tebaide, vissero innumerevoli eremiti, in epoca più recente sono stati nascosti centinaia e centinaia di fuorilegge, di prigionieri di guerra evasi, di partigiani, assistiti da gran parte della popolazione. .....

Oggi approfitteremo del bel tempo per salire all'eremo di Sant'Onofrio, in cui egli se ne stava rinchiuso quando la delegazione del conclave lo visitò per annunciargli la fatale nomina. Non è una gita, ma un pellegrinaggio all'antica irrorato da copioso sudore. La nuova strada, fiancheggiata da ginepri querce e faggi, è piacevole, ma non ci conduce lontano. Per proseguire siamo costretti ad affrontare un sentiero ripido e tortuoso, che in alcuni punti ci costringe a procedere carporni tra gli anfratti della roccia. La vista incantevole che si gode da lassù è un buon pretesto per sostare e riprendere fiato. Sotto di noi sul pendio del monte, vediamo i ruderi della casa di Ovidio; più in là sul primo lembo del piano, la vasta badia del Santo Spirito; e dall'altro lato  le superstiti installazioni dell'ex campo dei prigionieri di guerra.

    

 

 Per una prima breve presentazione di Celestino V e dell'Eremo di Sant'Onofrio al Morrone abbiamo pensato di far cosa gradita riportare alcune righe tratte rispettivamente da:

Heinrich Federer, Restituitemi la mia natura selvaggia, Ortona, D'Abruzzo Libri Edizioni Menabò, 2011 e Ignazio Silone, Le Avventure d'un povero Cristiano , 1968.

http://www.acquesacre.it/index.php/it/libri/recensioni/171-una-notte-in-abruzzo-e-altri-racconti